Accertamento delle conformità in ambito urbanistico e catastale degli immobili
Nello svolgimento della nostra attività professionale, siamo spesso chiamati, in qualità di consulenti, a verificare l’esatta corrispondenza tra lo stato di fatto dei fabbricati, con la relativa documentazione edilizia depositata presso gli uffici tecnici comunali, nonché con le planimetrie depositate presso l’Agenzia delle Entrate, Ufficio del territorio provinciale.
Questo tipo di attività oggi, viene richiesta non solo quando ci si appresta ad intervenire con opere edilizie sulle unità immobiliari, ma anche e soprattutto in occasione dei cosiddetti trasferimenti immobiliari; quando ci troviamo infatti di fronte ad atti notarili di compravendita immobiliare oppure ad atti dove vi è un reale transito di denaro, ecco che ci viene richiesto di verificare le cosiddette “conformità urbanistica” e “conformità catastale”. Esse infatti sono requisiti indispensabili per poter concludere l’attività di trasferimento immobiliare. La normativa sulla conformità urbanistica presenta un lungo elenco di leggi e/o provvedimenti. Si parte dalla legge n. 1150/1942, la cosiddetta “legge quadro sull’urbanistica” che per prima introduce il titolo abilitativo: la Licenza Edilizia. Da questa “pietra miliare” relativa alla normativa sul costruire, ha inizio l’obbligo di richiedere il rilascio di un documento per poter realizzare un’opera edilizia.
Si passa successivamente alla cosiddetta “Legge Ponte” del 1° settembre 1967: essa viene ricordata soprattutto per l’introduzione degli oneri di urbanizzazione. È anche una data molto importante per i Notai: gli estremi edilizi relativi ad opere realizzate dopo quella data, vanno obbligatoriamente citati negli atti. Al contrario, per opere eseguite in epoca antecedente all’entrata in vigore della “Legge Ponte”, non corre l’obbligo di citarne gli estremi autorizzativi. Con la Legge n. 10/1977 “Legge Bucalossi”,viene introdotta la “Concessione Edilizia”, con la richiesta del contributo del costo di costruzione.
Nei rispettivi anni 1985, 1994 e 2003, vengono emanati dei provvedimenti legislativi, denominati “condoni edilizi”. La richiesta di applicazione di queste norme da parte dei committenti privati, ha permesso di regolarizzare tutte le opere edili che negli anni precedenti erano state realizzate in assenza di titolo abilitativo.
Passando attraverso il Testo Unico in materia edilizia, il DPR 380/01 e le sue modifiche, la legge regionale 12 del 2005, per concludere con i vari decreti e da ultimo il decreto legislativo 25 novembre 2016 n. 222 , ci si confronta oggi con le seguenti tipologie di comunicazione e/o di titoli abilitativi:
1. edilizia libera (senza necessità di alcun titolo)
2. CILA (comunicazione inizio attività asseverata)
3. SCIA (segnalazione certificata di inizio attività)
4. super SCIA (segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire)
5. PdC (Permesso di costruire)
L’attività del consulente, si confronta oggi con la verifica appunto in loco della rispondenza tra le dimensioni planivolumetrica di ogni singolo edificio ed i titoli edilizi citati in precedenza. Un’attività importante e di grande impegno; ci viene chiesto infatti di asseverare quanto raccolto a livello documentale attraverso il recupero presso gli uffici tecnici comunali delle licenze edilizie, dei permessi di costruire, delle autorizzazioni edilizie, dei condoni edilizie ecc, ed il confronto con l’opera effettivamente eseguita.
E se da questa verifica risultano delle difformità? Ecco che il professionista incaricato deve attivare una nuova prestazione; la verifica della conformità urbanistica.
Deve procedere con un controllo sulle opere eseguite senza titolo abilitativo e verificare se le stesse sono, da un punto di vista normativo, assentibili: deve verificare se attraverso la presentazione dell’accertamento di conformità urbanistica (utilizzando vari titoli abilitativi) è possibile dare legittimità a quanto eseguito senza apposita comunicazione e/o autorizzazione. Prestazione delicata, carica di responsabilità. Ecco quindi che questo tipo di incarico professionale, deve essere affidato ad un professionista serio e preparato sia sotto il profilo tecnico che deontologico. Egli deve dimostrare padronanza delle materie edilizie ed urbanistiche, al fine di poter dare alla committenza la migliore consulenza professionale possibile.
Con gli stessi principi sopra elencati, ci si deve occupare della cosiddetta conformità catastale. La normativa che stabilisce l’obbligo di inserire in atto una specifica dichiarazione denominata appunto , “conformità catastale” è la legge 30 luglio 2010 n. 122 (“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”).
Come in sostanza per il precedente capitolo, si tratta di una dichiarazione dove, l’intestatario dell’immobile oggetto di trasferimento attesta la corrispondenza dello stesso; deve confermare la coincidenza (in termini grafici, di intestazione e di contenuto) tra quanto riportato sui documenti depositati presso l’Agenzia delle Entrate Ufficio Territoriale (le cosiddette mappe e planimetrie catastali) e (in termini di consistenza) lo stato in cui si trova l’immobile. La non perfetta corrispondenza tra lo stato di fatto di tutte le porzioni dell’immobile oggetto di trasferimento, rispetto sia alle pratiche edilizie che a quelle catastali, può far incorrere oggi in abusi edilizi che, proprio per questa ultima fattispecie, potrebbe essere oggetto di sanatorie edilizie.
Occorre però precisare che con la circolare n. 2/2012 dell’Agenzia del Territorio, è stato sottolineato che non hanno rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utili dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità nonché la rendita catastale. Comportano, invece, l’obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione l’effettuazione di interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni, ovvero si modifica l’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze.
Orazio Spezzani
Presidente Ordine Periti Industriali di Como, per. Ind.