I mutui nel 2020 e la previsione per il 2021

I mutui nel 2020 e la previsione per il 2021: Annus horribilis e ripresa alle porte

La lettura delle dinamiche del Mercato è affascinante in genere, maggiormente quella dei mercati nazionali e anche locali perché ci riguardano da vicino. Cosa mai vi sarà di fascinoso in un momento storico così delicato, tragico e incerto? Sgombriamo il campo da qualsiasi possibile e giustificata polemica: il periodo che stiamo vivendo è terribile per i motivi noti e non lo si può ignorare. Tuttavia l’animo umano si nutre di speranza nei momenti più bui e quanto segue ci dice che il settore creditizio e immobiliare hanno buone ragioni per alimentare  la fiducia nel futuro di due settori strategici per l’economia Italiana.

Analizziamo quindi i dati certi che, all’epoca in cui è stato redatto questo articolo, riguardano i primi tre trimestri dell’anno 2020. Il Centro Studi Kiron ci informa, infatti, che a fronte della contrazione a 374.545 compravendite di immobili in Italia da gennaio a settembre (terzo trimestre- la fase post primo lockdown: +3,1% sullo stesso periodo del ‘19), il comparto mutui PER ACQUISTO ha segnato nel primo semestre un significativo +9,8% sapendo intercettare con maggiore efficacia la domanda di credito.

Tre i motivi fondamentali: 1) si tenga conto che per quanto imparentati, i due segmenti di mercato  obbediscono a logiche diverse e l’appeal dei tassi ai minimi storici ha fatto sì che non solo una platea più vasta si sia avvicinata al credito ma soprattutto questa platea sia risultata finanziabile 2) la mediazione creditizia, grazie alla sua efficace capillarità sul territorio ha spinto alla crescita del settore 3) le misure poste a contenimento dei danni economici conseguenti alla pandemia hanno retto, per buona parte. Si pensi che, sempre come riportato da Kiron, nel secondo trimestre del 2020 si è registrato lo stock di mutui più alto di sempre (relativamente al periodo) con 336.119 milioni di Euro erogati, confermando il trend presente dal 2015 che vede da allora i mutui in costante e significativa ascesa. In questo contesto, la fanno da padrone i  mutui a tasso fisso che rappresentano l’83,4% del totale.

Va da sé che in un momento delicato e incerto economicamente, il richiedente miri a ottenere un’uscita sicura e stabile rispetto a una rata variabile. Data la crescita dal 2015, si ritiene normale che la stessa sia percentualmente minore rispetto agli anni passati (+2,5%). Incrociando il quadro descritto con i dati sulle compravendite, si noti la salute dei due comparti nonostante tutto (le surroghe, addirittura +243% rispetto al 2019, non sono state tenute in considerazione).

La durata media del mutuo è fissata a 24,7 anni, in leggera diminuzione rispetto al passato (grazie ai tassi ai minimi storici), con una preponderanza della fascia tra i 21 e i 30 anni (71,9% dei mutui totali) sulle altre: 10-20 anni (27,9%), meno di 10 anni (0,1%).

Fondamentale il dato che segue per la salute del mercato immobiliare: i mutui per acquisto prima casa rappresentano l’87,6% del totale, per la seconda casa 2,3%, il resto è rappresentato da surroghe e sostituzioni. E’ utile soffermarsi sul secondo punto: la pandemia, date le nuove abitudini imposte per lavoro e scuola, ha indicato come i maggiori spazi, i balconi e le terrazze, la possibilità di godere di un giardino e la prossimità delle seconde case alla propria residenza abituale (stessa regione) siano caratteristiche ritenute fondamentali per l’acquisto anche e soprattutto per le seconde case; si prevede ci possa essere un incremento del settore.

L’importo medio dei muti nel primo semestre si è attestato a 113.902 €, in leggera diminuzione rispetto al passato (i prezzi in lieve calo hanno contribuito al dato) mentre l’età media dei richiedenti il mutuo si è attestata a 39,9 anni con una maggioranza schiacciante della fascia 18-44 anni pari al il 58,8% della platea.

Fin qui il quadro in estrema sintesi. Resta da capire come sia possibile che il mercato del credito abbia tenuto, per di più con numeri davvero importanti, in un contesto pandemico che ha stravolto l’economia mondiale, non solo la nostra. Le misure a sostegno del settore hanno indubbiamente giocato un ruolo fondamentale.

Teniamo conto che le soluzioni poste in essere dalla politica europea per la crisi del 2011/’12, pur nascendo da diversi presupposti, continuano a dimostrarsi efficaci. Semplicisticamente: gli interventi della BCE, certo non perfetti, sono andati nella direzione di sostenere i singoli Paesi acquistando il loro debito, permettendo così di poter mantenere basso il costo del denaro e di riflesso anche i tassi dei mutui. Il che ha contribuito enormemente a rendere ancora possibile l’accesso al credito di tante famiglie che hanno subito una riduzione più o meno sensibile del loro reddito. Il sistema bancario, inoltre (checché se ne dica), ha giocato un ruolo fondamentale sia direttamente, accettando comunque mutui i cui richiedenti fossero in Cassa Integrazione e subordinando la loro erogazione al momento dell’uscita dalla stessa, sia indirettamente tramite la sospensione dei mutui in essere a date condizioni.

Non si comprende appieno, però, perché le banche ritengano conveniente concedere mutui, dovendo accantonare oltretutto il 12% della somma concessa in riserva per eventuali perdite future e che i tassi così bassi non permettono di marginare granché. Ad es. un mutuo medio di 120.000 € in 20 anni a tasso fisso finito 1% porta alla banca un esborso immediato di 120.000,00 € nonché un obbligo di accantonamento di 14.400 € per un totale uscite di 134.400 €, a fronte di un guadagno previsto tramite l’interesse applicato di 12.450,00 € in 20 anni. Il motivo risiede nel fatto che gli istituti di credito hanno imparato che il mutuo è un investimento sul cliente in prospettiva: il richiedente, infatti, facilmente aprirà un conto corrente per appoggiarvi lo stipendio, vorrà sottoscrivere polizze a tutela del reddito e della persona, valuterà piani di accumulo, investirà in fondi etc etc.

Per quanto possa apparire sgradevole a una prima lettura, il cross selling è una corretta strategia di mercato: se l’operatore – la banca in questo casosi comporterà correttamente, potrà presentare al cliente fidelizzato ulteriori prodotti remunerativi. Che tradotto significa beneficiare di servizi più efficienti e concorrenziali per la clientela stessa. Dove risiede quindi la fiducia per il 2021? I dati previsionali, e non può essere altrimenti, ci danno conforto. Per l’anno appena iniziato i principali analisti del mercato sono concordi sulla sostanziale crescita delle compravendite, ritenute comunque già soddisfacenti vista la pandemia del 2020: si va dal pessimistico - 1,16% di Nomisma, passando per il + 10,63% di Scenari Immobiliari e Gabetti quasi identici tra loro, fino ad arrivare a Tecnocasa, Immobiliare.it e Idealista che prevedono scambi di immobili tra le 550 e le 570.000 unità per il 2021, pari a un ottimistico + 14%. Ovviamente la filiera, e il segmento del credito ne fa parte, beneficerà dell’aumento di mercato, se pur i livelli pre-Covid di oltre 600.000 compravendite/anno sono tutti concordi nel fissarlo dal 2023 in poi.

Il trend, vero indicatore di mercato, è quindi positivo e lascia ben sperare, permettendoci di ragionare sull’acquisto e il finanziamento della prossima casa con minore apprensione.

Certamente ci auguriamo che l’esperienza traumatica dell’anno 2020 sia definitivamente alle spalle come altrettanto certamente ci sentiamo di sostenere con il conforto dei numeri che la flessibilità e la resilienza degli operatori del settore creditizio e immobiliare siano stati non comuni, permettendo loro di adattarsi a difficoltà profondissime e impreviste. Vogliamo quindi credere che questi comportamenti possano essere presi ad esempio anche dagli altri settori della vita civile italiana perché il 2021 si dimostri all’altezza delle aspettative.

Ma questa è un’altra storia.

Marco Mangano
Commissione Interna
F.I.M.A.A. Como