Le case agli Stranieri

Con l'approvazione della Legge 125 del 24.07.2008 è stato convertito il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante "Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica" (c.d. "Decreto Sicurezza") ed è stato inserito il comma 5 bis (*1) all'art. 12 del "Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero" (D.Lgs 286/98). E' stata così introdotta nel nostro ordinamento una nuova fattispecie di reato che punisce "chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, da' alloggio ad uno straniero, privo di titolo di soggiorno in un immobile di cui abbia disponibilità, ovvero lo cede allo stesso, anche in locazione". Nelle intenzioni del legislatore la norma dovrebbe essere finalizzata a contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina ed il suo sfruttamento, cercando di eliminare quelle condotte, quei presupposti, che possono favorire la permanenza dello straniero irregolare all'interno del nostro Paese. La norma, come recepita in legge, è mutata rispetto alla previsione contenuta nel precedente decreto legge, soprattutto per l'inserimento del cd. dolo specifico (mancante nel D.L.) relativo al "al fine di trarre un ingiusto profitto". Senza dubbio l'introduzione di detto dolo specifico ha notevolmente affievolito (per molti commentatori addirittura annullato) il potenziale del nuovo precetto, posto che la novella, da leggersi in combinato disposto con la precedente fattispecie prevista dal comma 5 dell'art. 12 (*2) , verrebbe completamente assorbita nel reato più grave ed analogo previsto in questo precedente comma, che contempla una pena più elevata (*3).

Venendo all'analisi del contenuto e quindi della portata della nuova norma si osserva, in primis, per straniero deve intendersi soltanto colui che non sia cittadino di uno Stato appartenente all'Unione Europea. Infatti la novella, inserendosi nel Testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/86), ricade nell'ambito di applicazione del medesimo che espressamente specifica all'art. 1 che per straniero deve intendersi unicamente il cittadino extracomunitario (per inciso: svizzero, americano, giapponese, ecc., compresi).

Quanto all'elemento oggettivo la nuova norma prevede e punisce sostanzialmente tre condotte, attuate da chi, a titolo oneroso:
-  dia alloggio in un immobile di cui abbia disponibilità;
- ceda l'immobile;
- lo dia in locazione, ad uno straniero irregolare.

E’ pertanto certamente punito chi stipuli con un immigrato irregolare un contratto di locazione.

Tuttavia, l’interpretazione letterale della norma, che parla di cessione a titolo oneroso, aggiungendo e specificando “anche in locazione” (e dunque - sembra corretto desumere - non soltanto al predetto titolo), induce a ritenere che la stessa debba applicarsi, oltre che all’ipotesi di stipula di contratti di locazione, anche alla stipula di contratti di compravendita. Al contrario, per la mancanza del requisito dell’onerosità, sembra doversi escludere che la norma si applichi alle cessioni a titolo gratuito, e quindi ad esempio alle ipotesi di comodato o di donazioneIn forza della prima parte della previsione di cui alla novella è altresì  passibile di sanzione penale il proprietario, o anche il mero detentore o possessore di un immobile, che dia alloggio, a fronte del pagamento di un corrispettivo, ad immigrati irregolari, anche in assenza di contratto.

Risulta quindi punibile il soggetto che abbia, a diverso titolo, la disponibilità dell’immobile (ad es. in forza di un contratto di locazione) e vi ospiti a titolo oneroso, anche in condivisione, uno straniero privo di titolo di soggiorno. Deve ritenersi esclusa, in detto ultimo caso, la responsabilità del proprietario dell’immobile, salvo che quest’ultimo abbia approfittato della situazione (consapevolmente intestando, ad esempio, il contratto di locazione ad un immigrato regolare per ospitarvi anche degli irregolari) al fine di trarvi un ingiusto vantaggio.

Quanto all’elemento soggettivo, ovvero al dolo specifico dell’ingiusto profitto, si osserva come sia difficile fornire un’interpretazione univoca del concetto, ravvisato, dalla giurisprudenza che fin qui si è espressa in casi analoghi, nella situazione di sproporzione discriminatoria tra le prestazioni, determinata dalla volontà da parte del soggetto regolare di approfittare della situazione di debolezza del soggetto irregolare per imporre allo stesso condizioni contrattuali non solo economicamente onerosissime, ma anche contrattualmente sproporzionate e/o vessatorie. A titolo esemplificativo può ritenersi che nel concetto di ingiusto profitto rientri non solo la vendita o la locazione a prezzi decisamente superiori a quelli di mercato, ma anche la predisposizione di contratti dove le abituali garanzie o tutele a favore dell’acquirente o del conduttore non siano state inserite con la consapevolezza di poter così agire approfittando dello stato di debolezza del soggetto irregolarmente soggiornante nel nostro Stato.

Alcuni commentatori si sono chiesti inoltre se, stando la non felice formulazione della norma in esame, il dolo specifico (ossia l'ingiusto profitto) debba essere riferito solo alla prima fattispecie sopra indicata, che punisce la condotta di chi dia alloggio ad un immigrato irregolare, per esempio coabitando con lui, e non invece anche alle altre due ipotesi sopra citate, cessione e locazione,  in quanto l’espressione "ovvero" prevista nella norma andrebbe interpretata non come congiunzione, ma al contrario come disgiunzione, e quindi con il significato comune di “oppure” e, conseguentemente, la semplice cessione o locazione allo straniero irregolare basterebbe a configurare il reato, pur in assenza di alcun ingiusto profitto.

L’argomentazione non pare francamente cogliere nel segno, nonostante l’equivoco tenore letterale della norma, ma appare comunque meritevole di considerazione in forza delle notevoli conseguenze che potrebbe comportare sul piano applicativo, e denota una volta di più l’approssimazione a cui ci ha purtroppo abituato il legislatore dell’ultimo periodo.
Esaminata quindi la portata normativa della nuova norma vediamo concretamente quali siano le conseguenze pratiche di questa nuova disciplina.

D’ora in avanti, dunque, chiunque intenda locare o vendere l’alloggio ad un cittadino straniero avrà l’onere  di verificare che quest’ultimo sia soggetto regolarmente soggiornante in Italia.
Nel caso di contratto (locazione, compravendita) stipulato con straniero extracomunitario é quindi consigliabile che l’esistenza del titolo di soggiorno, con i relativi estremi e con l’indicazione della data di scadenza, venga espressamente menzionata nel contratto. Si è posto il problema di capire cosa succeda nell'ipotesi in cui,  stipulato regolarmente un contratto di locazione in presenza di un valido permesso di soggiorno, quest'ultimo venga successivamente a scadere nel corso dello svolgimento del rapporto contrattuale. Si pone infatti l'interrogativo (già sollevato dal Consiglio Superiore della Magistratura nel parere del 1.07.2008) se, in questi casi, sia configurabile il reato introdotto dall'art. 5 della legge in esame.

La questione è controversa.

Chi propende per la soluzione negativa osserva che, in tali ipotesi, non sussiste ab origine il fine di trarre ingiusto profitto dalla situazione di irregolarità dell'immigrato (posto che quest'ultimo, quando è stato stipulato il contratto, era in condizioni di regolarità). Chi propende per la tesi contraria argomenta che, scaduto il permesso di soggiorno, il concedente l'immobile sia punibile ai sensi della norma sopra citata, poiché di fatto fornisce alloggio ad un soggetto irregolare e di ciò ne era consapevole al momento della stipula del contratto di locazione in quanto in quel momento conosceva la durata del titolo di soggiorno e, nonostante ciò, ha pattuito una durata superiore del contratto di locazione. Sulla base della predetta interpretazione è stata suggerita l'opportunità, dai sostenitori di detta ultima posizione, di stipulare, ove la controparte sia cittadino non comunitario, solo contratti di locazione di tipo transitorio, facendo coincidere la durata del contratto (per legge non superiore a 18 mesi e non inferiore a 1) con quella del permesso di soggiorno. La soluzione non appare però del tutto convincente posto che un siffatto agire viene di fatto ad imporre l'applicazione, nell'ipotesi di immobili ricadenti in determinati Comuni ,  di un canone vincolato per tutti i contratti stipulati con gli stranieri, nonché la non certezza della loro rinnovabilità.

Più praticabile appare l'opportunità di inserire, all'interno dei contratti di locazione di durata ordinaria, una clausola risolutiva espressa per l'ipotesi di sopravvenuta mancanza del titolo di soggiorno. In altre parole si potrebbe convenire l'impegno del conduttore alla consegna al locatore della richiesta di rinnovo, in un termine anticipatorio rispetto alla scadenza del titolo di soggiorno, prevedendo in mancanza di adempimento al predetto obbligo, così come a quello successivo di consegna del titolo di soggiorno rinnovato, la risoluzione ipso facto del contratto stesso.

PENA
Il reato introdotto dall'art. 5 della legge 125 del 2008 è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Inoltre, la condanna con provvedimento irrevocabile (ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale), comporta la confisca dell'immobile, anche se è stata concessa la sospensione condizionale della pena.
La confisca determina la perdita della proprietà dell'immobile e la sua acquisizione definitiva da parte dello Stato. Detta misura non si applica, evidentemente, nel caso in cui l'immobile appartenga a persona estranea al reato (e quindi ad esempio al proprietario che stipuli un contratto di locazione con uno straniero "regolare" che a sua volta lo sublochi ad un soggetto irregolare).
La norma specifica, in ultimo, che i proventi derivanti dalla confisca debbano essere destinati al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei reati in tema di immigrazione clandestina.

LA RESPONSABILITA'  DEL MEDIATORE
Nell'ipotesi in cui il contratto di locazione venga stipulato per il tramite dell'agente immobiliare si pone (come evidenziato dal CSM nel parere 1.07.2008) un problema interpretativo in relazione all'individuazione dei soggetti eventualmente corresponsabili, non essendo escluso a priori un concorso di altri soggetti, quali l'agente immobiliare, nella commissione del reato in esame.
Se è lecito individuare detta corresponsabilità nell'ipotesi, ad esempio, del contratto stipulato direttamente dall'agente immobiliare a ciò delegato dalla proprietà, in conseguenza dell'affidata gestione dell'immobile, ci si domanda se tale correità possa essere ravvisabile anche in caso di semplice omissione da parte dell'agente immobiliare dell'informazione alle parti contraenti in ordine alla valutazione e sicurezza dell'affare, obblighi civilisticamente previsti a carico del mediatore dall'art. 1759 cod. civ. Appare subito evidente che la violazione del disposto di cui all'art. 1759 cod. civ. non possa dar luogo, sic et simpliciter, ad alcun illecito di natura penale, essendo necessaria a tal fine una condotta denotata dal dolo, nella fattispecie  in esame del dolo specifico costituito come detto dall'ingiusto profitto. Occorre quindi che la condotta dell'agente immobiliare, per essere punibile in forza del reato in esame, sia legata eziologicamente a quella del proprietario e che detta condotta sia stata posta in essere con la consapevolezza e volontà di voler trarre un profitto. Occorre quindi in definitiva prestare la massima attenzione nella conclusione di affari laddove una parte sia un soggetto straniero, premurandosi sempre e comunque di richiedere il titolo di soggiorno e verificarne la valenza, ed allegando sempre detto titolo ai contratti di locazione o di compravendita conclusi a seguito della propria attività di mediazione.

 

Milano, 4 dicembre 2008.      

Avv. Daniele Mammani Consulente legale FIMAA